Storie e storia di Marche

Le Marche,
Regione al “plurale”, non solo per la semantica.
A Pesaro sono un po’ romagnoli, a Fermo e Ascoli un po’ abruzzesi, Ancona sta per conto suo, verso il mare. Macerata viene considerata detentrice di una marchigianità più identificabile. Scarpe grosse e cervello fino.

E’ la matrice Picena che ci unisce, ma le “contaminazioni” che abbiamo addosso, nolenti o volenti, hanno determinato la formazione del carattere della nostra gente, non “rumorosa”, non ostentatrice, dallo spirito indipendente e a volte un po’ anarcoide, in senso buono. Senza un orgoglio sbandierato ma assolutamente intoccabile.

Non necessariamente in ordine cronologico: Piceni, Sabini, Etruschi, Greci, Cartaginesi, Romani, Galli, Longobardi, Vandali, Goti, Turchi e il Papa, Napoleone, i grandi casati e Spagnoli, Francesi, Austriaci.
E altri ancora.
Sono tutti passati di qui e, qui, tutti hanno lasciato qualcosa. Di buono e non.

Le Marche, genitrici di grandi uomini. E donne.
Senza pensare: Pompeo Magno, Guidobaldo Del Monte, Leopardi, Rossini, Pergolesi, Spontini, Gigli, Gentile, Raffaello, Federico II, Maria Montessori.
Papi, santi, re, imperatori, signori, condottieri, eroi, scienziati, inventori, musicisti, poeti.

E imprenditori di “genio”. Con la gente che ha lavorato permettendo loro di esprimersi.

Le Marche, la qualità della vita, le dolci colline e la forte montagna, il bel mare, gli antichi castelli, le chiese, i ricchi palazzi, i “mille” musei, i teatri storici.
Il bere e il mangiare, endemismi di raro equilibrio.
I “campanili”, metaforicamente e non, di cento e cento paesi, tutti belli, tutti unici. Tanti recuperati. Basterebbe ripercorrere l’origine dei loro nomi, uno ad uno, per incrociare la grande storia.

E le città, salotto, come Ascoli e Urbino.
Ancona, adoratrice di Venere come diceva Catullo, con lo sguardo al mare dell’est.
Pesaro, città della musica e di mare, insieme a Fano.
Fermo, “la città più insigne della Marca…”, come diceva Bonifacio VIII.
Macerata, “universitaria” dal 1290 (l’Università di Macerata è tra le più antiche al mondo), al centro, marchigiana al cento per cento.

Le Marche, arte, cultura, natura, storia, sapori e saperi.

Le Marche, luoghi comuni.
Sconosciute, nascoste, segrete, minori, di provincia, piccole.
Vicino a Rimini e prima di Pescara? Ah già.
Confina con l’Umbria? Certo.
Fuori dai grandi circuiti turistici e industriali, fino a poco tempo fa, con pro e contro.
Patria discreta del “piccolo è bello”, del “modello marchigiano”.

Vero e falso.

Le Marche, i suoi uomini, i suoi manufatti sono stati famosissimi.
Prima dei Romani, sino ai primi del ‘900, in tutta Europa e oltre.
E allora un dubbio: forse siamo noi, “i contemporanei”, a non conoscere le Marche? Il forestiero, con la fortuna di vivere in un paese, l’Italia, ove ogni regione ha da snocciolare contenuti di altissima qualità, è scusato e questo articolo accoglie con piacere il benvenuto “curioso”.

E poi mi chiedo: ma noi, ci siamo persi qualcosa?
Non saranno forse questioni futili che portano l’ascolano a non scendere verso l’”esotica” San Benedetto per questioni calcistiche o l’anconetano a non frequentare di più la bella Jesi? E il pesarese? Può parlare dalla finestra di casa con un fanese, eppure…
Il nostro orgoglio fa sorridere e in fondo non ci crediamo veramente, quando si discute tra paesealto” e paesebasso”.

Conosciamoci meglio, noi marchigiani, prima di tutto.
Conosciamo le nostre bellezze. Tante, incredibili, vivibili. E vicine!
Conosciamo le nostre storie maggiori e anche quelle minori, curiose, più umane e terrene.

Ed ecco allora le ghiottonerie amate da Leopardi e il suo senso commerciale, il vizio dello stoccafisso anconitano di Garibaldi, Rossini scienziato di cucina e non “mangione”, Michelangelo imprenditore agricolo e “pecoraio” nel pesarese, Mozart “ispirato” cliente di una bancarella a Loreto. E pare che, nella cornice del Castello della Pieve a Mercatello sul Metauro, venne deciso l’esilio di Dante Alighieri, da parte di Carlo di Valois e Corso Donati, nell’ottobre del 1301.

Ma c’è un posto d’onore, riservato alla nostra endemica cultura rurale e mezzadrile.
Matrice donde proveniamo, tutti.

E’ l’agricoltura che stabilisce il confine della civilizzazione dell’uomo.
E’ l’agricoltura che, 8000 anni prima di Cristo, ha favorito, alla luce di una fertile mezzaluna, l’invenzione dell’agglomerato umano chiamato città, della scrittura, degli dei con nomi di uomo.

Prima, l’oscuro, la caverna.

Massimiliano Montesi



Massimiliano Montesi
massimilianomontesi@yahoo.it
No Comments

Post A Comment

Top