23 Set Il maestro d’ascia
Tra le 660.000 unità che compongono il parco nautico nazionale, gli scafi più interessanti sono sempre quasi usciti da piccoli cantieri marchigiani. La vocazione marinara della regione e la notevole estensione costiera hanno insegnato agli addetti alla cantieristica minore un “mestiere” che dura da millenni.
Maestri d’ascia e calafati hanno operato in ogni centro rivierasco e qualcuno è tanto cresciuto che a tutt’oggi riceve commissioni da mezzo mondo.
Perfino i ricchi petrolieri arabi e i rampolli delle nobili casate europee, gli intraprendenti avventurieri e gli abbienti playboys hanno ordinato qui panfili dottissimi e superbi scafi per il diporto e per lo sport.
Molto attivi anche i cantieri che varano attrezzate barche per la pesca di costa e d’altura. Chi non ha visto il cantiere poggiato accanto alla statale dentro Marotta, con le strutture-monumento in bella vista?
I legni, stagionati, sono accatastati con cura: il massello di quercia per il “telaio”, l’iroko per fasciame e coperta, la radica e il teak per le finiture. I pochi artigiani che vi lavorano come formiche hanno messo in mare oltre 200 barche, 8 l’anno.
Commissioni importanti pervengono ai piccoli cantieri di Pesaro, Fano, Ancona, Civitanova, San Benedetto del Tronto.
A Porto San Giorgio ho conosciuto Erasmo Silenzi, l’ultimo maestro d’ascia, carpentiere nato. Porta a compimento l’opera totalmente a mano. E’ un superstite e lo sa. Costruì, ragazzo, la sua prima barca dentro casa. Per farla uscire dovettero abbattere un muro.
Il primo lavoro lo ultimò nel 1931: da allora è stato un susseguirsi di splendidi elaborati, agili, perfetti, destinati ai grandi appuntamenti internazionali. Barche della famiglia dei “Flying Dutchman”, velocissimi, sullo scafo planante, barche olimpiche che hanno mietuto allori sulle acque più difficili.
Erasmo, che da bambino ha rubato con gli occhi il mestiere ai vecchi, ora, vecchio, non ha eredi di bottega. Ma l’opera sua è già leggenda.
Massimiliano Montesi (da un testo di Terenzio Montesi per la pubblicazione “Marche: l’Italia che fa”)
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