La Teoria di Gaia

Viviamo ancora immersi nella confusione più totale, in un mondo dove regnano indisturbati il caos, l’instabilità e l’incertezza, figli dell’onda lunga generata dal Coronavirus.

Superata la fase del lockdown, ora siamo alle prese con nuovi dubbi e preoccupazioni, derivanti dalla minaccia di un possibile prepotente ritorno dell’epidemia.

Nel tentativo di indicare una via alternativa all’accettazione passiva o alla rassegnazione, vi invitiamo a focalizzare l’attenzione e a riflettere sulla cosiddetta Teoria di Gaia.

Tale ipotesi, che deve il suo nome ad una divinità greca, “Gea” per l’appunto (la Terra), è stata formulata nel 1979 da James Lovelock, chimico, scienziato e ricercatore ambientalista britannico.

L’intuizione felice di Lovelock, che all’inizio destò scalpore in particolare nei meandri del mondo accademico, fu la seguente: il pianeta Terra è un essere vivente, o meglio un unico superorganismo in cui convivono e coesistono in maniera integrata le varie componenti, quali gli organismi viventi, l’ambiente terrestre, il clima.

Si tratta di un approccio sistemico ed olistico, che vede nella Terra un sistema complesso in grado di autoregolarsi e di mantenere così le condizioni di vita sul pianeta.

Alcuni, forse provocatoriamente, affermano che il Coronavirus sia la risposta della Natura alle sconsiderate azioni dell’uomo e al suo devastante impatto sull’ambiente. Anche ammesso che non sia così, si tratta pur sempre solamente di un’ipotesi, è bene però prendere in considerazione il principio sotteso a una tale interpretazione: è nostro compito e dovere prenderci cura e rispettare l’ecosistema nel quale viviamo e del quale siamo parte integrante, consapevoli del potenziale effetto negativo di alcuni scriteriati comportamenti in grado di alterare e compromettere il delicato equilibrio fra realtà naturale e realtà artificiale.

La Teoria di Gaia serve proprio a rammentarci che le risorse del pianeta non sono oggetti da sfruttare senza ritegno e senza coscienza, ma preziosi e vitali beni da custodire e coltivare, come direbbero i monaci camaldolesi che per secoli hanno gestito e tutelato il patrimonio forestale in nome di una sana e condivisa etica uomo-ambiente.

San Bonaventura da Bagnoregio, teologo e filosofo del tredicesimo secolo, d’altronde ci aveva già, illo tempore, avvisato: “La creazione si ribellerà e schiaffeggerà l’uomo che non la saprà amare come il Creatore”.

L’ipotesi Gaia ci insegna anche che non è tanto il pianeta ad essere in pericolo e a rischioestinzione”, quanto piuttosto l’intera Umanità. A ben pensarci, si tratta della medesima lezione impartitaci dal Coronavirus: al fine di salvaguardare la nostra incolumità e sopravvivenza, dobbiamo assolutamente modificare le nostre malsane abitudini e i nostri ritmi frenetici e compulsivi che hanno prodotto esiti allarmanti, quali i cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico e ambientale, la drastica riduzione di biodiversità, la perdita di suolo e in particolare della sua fertilità.

È arrivato il momento, non prorogabile, di cambiare radicalmente il nostro stile di vita. Non a caso, Albert Einstein ha così sentenziato: “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”.

Oggi è necessario più che mai!

Lorenzo Romagnoli (Dottore in Filosofia)



Lorenzo Romagnoli
l.romagnoli@arca.bio
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