Cover crops: l’utile e il bello

Le cosiddette cover crops o, in italiano, colture di copertura, rappresentano una delle più innovative pratiche agronomiche bioconservative rigenerative messe in campo da ARCA.

Le colture di copertura portano con sé i colori varianti dal bianco al giallo e restituiscono alle api le essenze dei fiori per la produzione dei preziosi prodotti dell’alveare, dal miele alla propoli, fino alla pappa reale, rigenerando l’uomo, l’ambiente e la sua bellezza.

Ma cosa sono in particolare?

Le cover crops sono quelle specie erbacee inserite negli ordinamenti produttivi con lo scopo principale di mantenere il terreno coperto da vegetazione in periodi dell’anno durante i quali, in relazione all’avvicendamento praticato, il terreno rimarrebbe privo di ogni coltivazione. Nelle cover crops a differenza delle colture da sovescio non si prevede l’interramento della biomassa.

A cosa servono?

La loro funzione è quella di migliorare le condizioni di fertilità biologica, chimica e fisica del suolo a servizio delle colture che seguiranno in rotazione.

Perché seminarle?

Le colture di copertura apportano numerosi vantaggi: 

  • Controllo biologico delle infestanti (grazie al loro sviluppo rapido e all’effetto allelopatico);
  • Cattura di nutrienti importanti come l’azoto, sia atmosferico (colture leguminose) sia di lisciviazione nitrico, immobilizzandolo nella biomassa verde e sottraendolo al dilavamento;
  • Azione decompattante e strutturante del suolo ad opera degli apparati radicali fittonanti e fascicolati;
  • Controllo dell’erosione attenuando la forza battente della pioggia e l’effetto di scorrimento dell’acqua;
  • Aumento della biodiversità all’interno dell’agroecosistema;
  • Sequestro del carbonio atmosferico e suo conseguente stoccaggio nel suolo a rappresentare un servizio ecosistemico strategico nella lotta ai gas serra.

La recente prova dimostrativa in campo, realizzata da ARCA in partnership con Fileni, Loccioni, Masseeds e Terre Verdi, presso Sant’Urbano di Apiro (MC), aveva come obiettivo specifico la valutazione dello sviluppo di biomassa epigea e l’apporto di azoto da parte di diversi miscugli erbacei utilizzati come colture di copertura o cover crops e inseriti all’interno di un ordinamento produttivo biologico e rigenerativo del suolo.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Le brassicaceae, in particolar modo la senape e il rafano, mostrano un’elevata competitività con le altre specie (interne ed esterne al miscuglio) dovuta soprattutto alla loro rapidità di sviluppo della biomassa epigea (raggiungono una copertura del 100% delle superficie in meno di 50 giorni dalla semina), che avviene in condizioni di semine precoci (Agosto/Settembre) e in terreni dotati di una buona disponibilità di nutrienti. Inoltre, a causa della loro spiccata sensibilità al gelo invernale (quando sono ben sviluppate essiccano completamente ad una temperatura di circa – 4 °C) possono essere devitalizzate senza alcuna lavorazione del terreno o trinciatura, agevolando la semina della coltura primaverile.
  • Le leguminose mostrano un buono sviluppo anche se consociate alle graminacee. Le specie più adatte a una gestione biologica – conservativa del suolo sono la veccia ed il favino, in quanto si differenziano dai trifogli per una maggiore copertura del suolo nel periodo autunno-vernino, una maggiore precocità del ciclo vegetativo ed una migliore facilità di devitalizzazione tramite trinciatura o, se necessaria, minima lavorazione (senza prevedere l’interramento della biomassa).
  • Le graminacee soffrono la consociazione con le brassicaceae e mostrano una maggiore lunghezza del ciclo vegetativo rispetto a tutte le altre famiglie presenti nel miscuglio. Per agevolare la loro devitalizzazione in un sistema biologico – conservativo è necessario selezionare specie molto precoci, in modo da avere un ciclo vegetativo più vicino possibile alle altre specie consociate. Tra le graminacee seminate, l’avena è la specie che contribuisce maggiormente all’apporto di biomassa epigea e alla strutturazione superficiale del terreno ad opera dell’apparato radicale esteso e fascicolato, ma è anche quella più difficile da devitalizzare.
  • L’azoto totale mediamente apportato al suolo dai 4 miscugli seminati è stato di 160 ± 30 kg/ha. Di questa quantità circa il 50% sarà reso disponibile alla coltura successiva, mentre il restante sarà disponibile nella stagione seguente. Infine, se si considera un costo medio di impianto (preparazione del terreno + semina + semente + concime N localizzato alla semina) pari a 400 €/ha, possiamo affermare che il costo medio dell’azoto organico apportato è di circa 2,5 €/kg.

Possiamo quindi confermare il raggiungimento dell’obiettivo generale prefissato, ovvero quello di promuovere l’introduzione di un nuovo sistema agricolo, facente parte delle pratiche contemplate dall’ “Arca’s regenerative Soil System”, i cui principi essenziali sono: rotazione pluriennale, minimo disturbo al suolo e utilizzo di cover crops.

Simone Tiberi (Dottore Agronomo)



Simone Tiberi
s.tiberi@arca.bio
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