La qualità a tavola

Oggi più che mai siamo circondati da una varietà di cibi e di gusti che ci sconvolge e ci lascia interdetti, tanto che le nostre spese possono diventare vere e proprie missioni. Il consumatore è disorientato dalla scelta che si palesa davanti ai suoi occhi: prodotti arricchiti di fibra, senza colesterolo, senza grassi, con omega-3, senza zuccheri o con probiotici.

Anche senza andare ad analizzare alimenti che dovrebbero essere venduti per le loro presunte proprietà salutistiche, quanto abbiamo concretamente bisogno di quello che acquistiamo?

Consideriamo anche che il cibo gettato nelle case degli italiani rappresenta i 4/5 dello spreco alimentare complessivo nel nostro paese.

Gli ingredienti dei prodotti di massa e indifferenziati sono raffinati, industrializzati e processati: stazionano in silos e container per mesi, se non per anni, prima di essere elaborati per creare quello che successivamente verrà venduto in confezioni di plastica. Non sono freschi, non sono nutrienti, non sono vitali.

Se generalizzare è impossibile, può esistere però un fattore comune a un qualsivoglia modello alimentare da poter seguire sempre, comune alla dieta del sedentario e dello sportivo, dell’orientale e dell’occidentale, dell’uomo e della donna? Possiamo affermare che questo valore comune esiste e consiste nella qualità di ciò che mettiamo nel piatto.

La caratteristica principale che rende un cibo di qualità risiede nella sua semplicità e salubrità.

Uno dei capisaldi dell’alimentazione sana è che sia basata sulla scelta di “materie prime” e non di alimenti trasformati.

Oltre a ciò, il mio invito è quello di porre attenzione a freschezza, stagionalità e provenienza.

Freschezza:

Più un alimento è fresco, più è vitale e più risponde alle nostre esigenze nutritive. Purtroppo, esistono alimenti che sembrano freschi, ma non lo sono: pensiamo alle comodissime confezioni dei prodotti di IV gamma, lavati con cloro per inibire la crescita batterica; mi riferisco alle insalate preconfezionate, agli ortaggi venduti già mondati e a pezzi, alla frutta sbucciata ready to eat. Non possiamo veramente credere che quell’insalata in busta abbia la stessa qualità di un cespo di lattuga da pulire: la prima rimane bella anche quindici giorni, la seconda meno di tre. Che cosa è stato aggiunto per renderla tanto speciale?

Stagionalità:

Inutile acquistare le fragole a dicembre e le verze ad agosto: la Natura non ha predisposto la sua terra per veder nascere tutto l’anno i suoi frutti. Se troviamo frutta e verdura fuori stagione, sono sicuramente prodotti di serra nutriti con fertilizzanti e antimicotici.
Non sempre abbiamo la certezza che i prodotti stagionali siano cresciuti all’aria aperta, per questo entra in gioco la fiducia nei confronti del venditore. 

Provenienza: 

Se state comprando delle pere provenienti dall’Argentina perché costano meno, chiedetevi anche da quanto tempo siano state raccolte, come siano state conservate per arrivare fino a voi e come sia possibile che una pera proveniente da 10.000 km di distanza abbia un prezzo inferiore rispetto a quella coltivata in Italia: come è stata trattata prima di arrivare sulla vostra tavola, quella pera?
Dove possibile, informatevi più specificamente circa l’origine di quello che mangiate. Se avete la possibilità di scegliere prodotti a km 0, forse questa è l’opzione migliore, che viene incontro a più esigenze: saranno prodotti freschi, avranno viaggiato poco e sosterranno l’agricoltura locale.

Sarebbe auspicabile riappropriarsi di una dimensione meno materialista e meno consumista di quello che mangiamo.
Scegliere cibo consapevolmente è il primo passo per la nostra salute e, indirettamente, per quella della Terra.

Dott.ssa Laura Campagnoli (Biologa nutrizionista )



Laura Campagnoli
laura.campagnoli91@gmail.com
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