Il ceramista

La ceramica d’arte, nelle Marche, splende di luce propria nel 1400. E che luce! Le tecniche pittoriche sopravanzano le finalità d’uso. Il passo veloce, tenuto dal mutamento di mentalità e gusti, segue l’evolversi dell’artigianato: dai rinascimentali “vasa terrae” ai “vasa picta”, con l’esplosione della fantastica policromia dei grandi maestri del pennello.

A Pesaro brilla la stella di Antonio Fedeli, a Casteldurante, l’odierna Urbania, quella vivissima di Niccolò Pellipario, il cui estro scioglierà la sontuosa fioritura che, seppur in ambiti dimensionati, dura tuttora. Coppe dedicatorie, vasi per erbe officinali, anfore, saliere, piattelli amatori e la grande e minuta stoviglieria diventano oggetti di bello artistico. L’argilla plasmata, purificata, sgrassata, diventa tavola e tela dove vengono resuscitate scene sacre o mitologiche e dove, quasi sempre, dilaga il virtuosismo celebrativo.

La vivezza del colore non ha paragoni. Le decorazioni “ad istoriato”, a “stile bello”, al “fiorito” e alle “raffaellesche” diventano fatto squisitamente pittorico. Quanti nomi di artisti potrei ricordare, quante storie legate alla nostra ceramica d’arte!

C’è ancora un testo cinquecentesco che detta le regole, tecniche e artistiche, per produrre ceramiche storiche. Anche ad Ascoli Piceno è stata attiva la produzione dei maiolicari che pestavano i colori nei mulini sul Castellano, nei pressi di Porta Cartaria. Furono poi i monaci olivetani a ripristinare l’arte della ceramica nel capoluogo piceno.

Nel ‘600 la decorazione delle ceramiche trova i compiacimenti del barocco, con rinnovate tecniche e invenzione di impasti policromi e miscugli d’oro e d’argento. Nella Casteldurante del ‘600 operano 32 botteghe. Nel 1700 sboccia il “fiore di Pesaro” o “ticchiolo”, con la mediazione di pittori forestieri, specie bassanesi. Tra gli ultimi artisti della ceramica spiccano i nomi di Molaroni e di Bruno Baratti. A Recanati dipinge su ceramica, e con esiti esaltanti, Pietro Ceccaroni, erede dei segreti e del fuoco del conte zio. Ad Ascoli sono accesi i forni della “fabbrica” di maioliche.

Massimiliano Montesi (da un testo di Terenzio Montesi per la pubblicazione “Marche: l’Italia che fa”)



Massimiliano Montesi
massimilianomontesi@yahoo.it
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