Chi rigenera campa cent’anni

Avete mai sentito parlare di un certo Jacque Fresco?

Potremmo definirlo “un designer strutturale, ingegnere sociale, designer architettonico, filosofo della scienza, concept artist, educatore e futurista. Il suo approccio centrale è quello di utilizzare la scienza come metodo applicato alla preoccupazione sociale. Fresco ha progettato, inventato e brevettato un gran numero di cose, tra cui una versione del cinema 3D senza l’uso di occhiali, una tecnica per unità radiografiche tridimensionali e il primo airbag”.

Decodificarlo non è semplice, ma si tratta di un visionario che ha ipotizzato un mondo senza banche, soldi, borsa, pil e corporations. Senza necessità indotte scientificamente sin da bambini, senza la cultura usa, consuma e getta. Il suo obiettivo è una società equa e sostenibile che guardi a una gestione delle risorse in armonia con l’universo e con noi stessi.

È ovvio che non sta simpatico a tutti e allora lui si è ritirato in un posto ameno della Florida ed ha ideato un programma alternativo di gestione planetaria che si chiama Venus Project.

Alcuni lo hanno preso per un pazzo utopista ma, d’altronde, si diceva anche che la terra era piatta o che il mondo finiva alle colonne d’Ercole.

Molti pseudo guru moderni, che parlano del concetto di comunità e di quello di condivisione delle cose come se fossero novità, non hanno preso la farina dal loro sacco.

Fresco, negli anni ’70, aveva già teorizzato un mondo che funzioni come una specie di biblioteca ove l’accesso vince sull’uso, al fine di ottimizzare le risorse. L’assunto è che non è possibile che tutti abbiano una cosa di tutto, sacrificando offerte sull’altare del profitto; è un sistema che, alla lunga, non funziona e che, mangiandosi le risorse senza dare nulla in cambio, in un pianeta dove le risorse, mal gestite, non sono infinite, ci porta a un loop senza ritorno che alimenta se stesso e che d’altronde non può fare diversamente per continuare a esistere.

Le risorse ci sono, basta usarle diversamente. Fresco diceva che basterebbero 10 anni di inversione radicale di tendenza per sistemare tutto e rivedere il giardino dell’Eden. Ma già un po’ di tempo fa…

Diceva anche che non è possibile che l’1 % della popolazione mondiale detenga il 40 % della ricchezza disponibile.

Proviamo a fornire qualche indicazione per capire il suo messaggio senza addentrarci in teorie molto complesse in cui temiamo di perderci, senza dare pareri di tipo morale o tecnico. In libertà, è giusto ascoltare tutte le voci che abbiano una struttura o che meritino di essere approfondite, discusse, nel bene e nel male. Semplice civiltà e democrazia.

Jacque Fresco ha elaborato la teoria dell’utopia possibile, la RBE (Resource Based Economy), ovvero un modello economico e di sviluppo basato sulle risorse. Un’idea esplicitata nel famoso Venus Project, una risposta all’attuale sistema economico che invece si fonda sulla scarsità delle risorse e sulla proprietà privata.

Anche le città, fulcro dell’aggregazione umana, cambierebbero radicalmente in termini di applicazione dei concetti di comunità, rigenerazione, interconnessione, efficienza, energia, razionalità, socialità, mobilità, istruzione, autosufficienza, lavoro, il tutto in una visione circolare.

La terra disporrebbe delle risorse necessarie: sono da rivedere “semplicemente” le modalità di produzione, distribuzione e rigenerazione. Queste risorse sono un patrimonio comune e devono servire per rendere felici le persone attraverso uno standard di vita elevato e diffuso.

Secondo tale modello sociale ed economico, prodotti e servizi potrebbero esistere senza la necessità di denaro, credito, baratto, debito o schiavismo.

Jacque Fresco è nato a New York il 13 marzo 1916 ed è morto a Sebring il 18 maggio 2017.

100 (e uno) anni di una vita eccezionale!

Lo sfruttamento sostenibile delle risorse, la loro fondamentale preservazione e rigenerazione, l’asset strategico di riutilizzare tutti gli scarti, non produrre rifiuti, ma riusare, non gettare ma riparare, reimmettere nel ciclo: ritroviamo tutto ciò nella nostra casa colonica, ai tempi della mezzadria marchigiana, e nel suo modello di economia circolare.

È la casa del Progetto ARCA, l’Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente in cui le nuove tecnologie sposano le buone pratiche del passato.

Nel nostro caso il protagonista è il suolo che produce il cibo con cui tutti ci nutriamo, un doppio binario che rigenera noi stessi, la bellezza e l’armonia del territorio, per una migliore qualità della vita cui dobbiamo aspirare e, perché no, per godere consapevolmente e in soluzione di continuità dei piaceri della vita. Quella vera.

In fondo che campiamo a fare?

Lo diceva anche Jacque Fresco.

Massimiliano Montesi



Massimiliano Montesi
massimilianomontesi@yahoo.it
1 Comment
  • Di Maio Vincenza
    Posted at 08:05h, 05 January Reply

    Trovo l’argomento molto interessante. La visione di un mondo come una grande biblioteca in realtà si sposa con la teoria di Campanella, espressa nella Città del Sole, o con la stessa visione di da Vinci, sintetizzata nel concetto filosofico del Nautilus. Un approccio in cui la bellezza si pone come ricerca di equilibrio naturale e quindi diventa un dovere etico.
    Grazie!

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