19 Jan L’agricoltura del cielo

Abbiamo parlato spesso della necessità di recuperare le buone pratiche agricole di un tempo, ma mediate dalla moderna consapevolezza e dalla tecnologia e siamo sempre pronti a cogliere esempi da tutto il mondo.

Qui nelle Marche, ove il problema dell’erosione del suolo, la risorsa base della vita insieme ad aria e acqua, è pressante e dove non a caso nasce il Progetto ARCA (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente) come risposta possibile, abbiamo sempre avuto la necessità di adattare l’agricoltura agli ambienti collinari e pedemontani.

Ambienti scomodi, duri da far fruttare e in continua discesa verso il mare, dunque da ritenere, conservare e difendere con le unghie e con i denti.

Ma c’è chi ha dato un esempio estremo, come sempre derivante dalle necessità del passato.

Vicino a Cuzco, a 50 chilometri, in Perù, c’è il sito archeologico di Moray.

È un laboratorio agricolo attivo dai tempi degli Inca, ove gli antichi abitanti univano sacralità e cibo a 3500 metri di altezza sul livello del mare!

Qui sperimentavano la coltivazione di 3000 varietà vegetali, mais, patate e tuberi andini in primis.

Varietà che venivano distribuite su varie terrazze artificiali profonde fino a 100 metri, a testimonianza di un elevatissimo grado di evoluzione tecnologica.

Con ciò gli Inca avevano creato un sistema ingegneristico avanzato in cui avevano ottenuto la bellezza di 20 microclimi diversi.

A quel tempo, parliamo di un popolo in auge dal XIII al XVI secolo, le terrazze godevano di un sistema di irrigazione e un’esposizione al sole particolare che permetteva di gestire le temperature per la coltivazione di una grande biodiversità agricola.

Oggi gli ultimi discendenti anziani del grande popolo precolombiano perpetrano l’antica usanza ma con fatica e con i giovani che se ne sono andati quasi tutti.

La storia si ripete anche agli antipodi ma il monito del Progetto ARCA rimane.

Massimiliano Montesi