Vita e vitalità culturale della terra marchigiana

Per dire qualcosa in breve della cultura storica delle Marche occorre tentare una approssimativa datazione per iniziare il racconto. Quando?

I piceni, gli umbri, i siracusani, gli etruschi, i romani della V legione augustea, i goti, i longobardi, i bizantini, i monaci d’ogni mantello, i principi signori, le municipalità autonome, le città stato, le accademie, i papi. Qui tutti hanno lasciato il segno della cultura. Da chi cominciare allora?

Dall’uomo e dall’uomo contadino, la cui arte insiste ancora sui campi, nell’armonia delle geometrie e nella civiltà dei comportamenti. Per cogliere una panoramica d’assieme, l’altra cultura ha un epigono in ogni centro abitato: basta sezionare la regione tra nord e sud, tra fascia costiera e la fascia pedemontana.

Cercare nei cento paesi il museo, la chiesa, il palazzo nobiliare, il teatro, la biblioteca, le lapidi fisse sui muri di austere facciate o esibite nel cotto brunito di povere casette nei borghi più decentrati.

C’è però nelle Marche una città che riassume ed esalta l’aristocrazia del pensiero e della cultura: Urbino, su cui si possono proiettare centri di più modeste celebrazioni, ma ricchi anch’essi di liriche dimensioni paesaggistiche e di affascinanti racconti sugli uomini e sulle opere.

Camerino, Jesi, Macerata, Fermo, Ascoli, Fabriano, Pesaro, Fano sono itinerari di storia e di cultura dalle impensate sorprese a conferma di una vitalità culturale di straordinaria fioritura.

Urbino come esempio, dunque. Urbino “l’acropoli dello spirito”, retta dal profilo del duca Federico  da Montefeltro con la schiera dei geni, “i più eccellenti che in Italia si trovassino” : Piero della Francesca, Paolo Uccello, Pietro Bembo, Baldassar Castiglione, Luca della Robbia, Tiziano, Francesco di Giorgio Martini.

Ma quello che ha prodotto la munificenza di Federico è stato fatto anche da tanti altri principi e signori, con tagli diversi, con più modeste risultanze forse, ma in tanti hanno dato arricchimento a questa terra, anche le famiglie forestiere, che hanno ceduto alle lusinghe della Marca come i Malatesta, gli Sforza, i della Rovere, i Borgia, i Legati dei papi.

L’anagrafe culturale conta le testimonianze di una cultura d’esportazione, quasi a bilanciare la calata degli invasori d’ogni bandiera.

Emigranti furono Bramante e Raffaello, Spontini e Rossini, emigrante mancato Giacomo Leopardi, e , in tempi più vicini a noi, Scipione, Licini, De Carolis, Bartolini, Pomodoro. Il dominio dell’arte e della cultura non ha geografie punitive. La cultura marchigiana è stata e viene esportata con generosità agli altri, in Italia e fuori.

E allora dalla città di San Ginesio parte per l’Inghilterra, nella seconda metà del ‘500, Alberico Gentili, portando a Oxford la nuova scienza del diritto internazionale; da San Severino, pochi decenni dopo, va in Polonia Virgilio Piccitelli, a fondare il teatro per la musica a beneficio di re Ladislao IV.

I racconti sono parole, che possono sconfinare nella sfera fiabesca. La cultura, nelle Marche, è dietro l’angolo, dietro la curva di una strada polverosa, dietro una quercia: basta andarla a trovare. Le parole non serviranno più. La sua eredità è estensibile a tutti o almeno a chi ha un minimo di predisposizione e un pizzico di buona volontà.

Massimiliano Montesi   (Fonte: Terenzio Montesi)



Massimiliano Montesi
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