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I RISCHI DEL GLIFOSATO: IL PARERE DELLA SCIENZA

Il 13 ottobre, i Paesi dell’UE sono stati invitati a votare pro o contro l’approvazione della proroga di 10 anni sull’uso del glifosato.

Durante la votazione, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata né a favore né contro la proposta per la quale l’Italia era favorevole, contrariamente a 10 anni fa. Oggi perciò si ritorna a parlare dei rischi per la salute umana e per la biodiversità derivati dall’utilizzo di tale diserbante, nella speranza che venga vietato una volta per tutte. Alcuni giorni fa la Coalizione “Cambiamo Agricoltura”, lanciata da associazioni come il WWF, Legambiente e Associazione Medici per l’ambiente, ha organizzato un webinar in cui si analizzano dati scientifici che proverebbero i rischi per la salute legati al diserbante. In questo articolo esporremo perciò i dati presentati dalle relatrici presenti all’incontro, ma vediamo innanzitutto cosa è questa sostanza e come agisce.

Cos’è il glifosato e come agisce?

Il glifosato è un diserbante sistemico ed è definito “totale”, cioè incapace di agire in modo selettivo. Viene assorbito dalle foglie, ma nell’arco di 6 ore riesce a diffondersi in tutta la pianta. Il successivo disseccamento avviene in poco meno di due settimane ed è dovuto al fatto che il glifosato è in grado di sottrarre alcuni micronutrienti come ferro e magnesio, responsabili dello sviluppo delle piante (Fondazione Veronesi). L’erbicida in questione viene attualmente utilizzato da oltre 140 paesi nel mondo ed è stato brevettato dalla multinazionale Monsanto (ora Bayer).

Che danni può comportare alla salute il glifosato?

Durante il webinar di Cambiamo Agricoltura, la prima scienziata ad intervenire è stata la direttrice emerita dell’Istituto Ramazzini Fiorella Belpoggi.

La patologa ha iniziato il suo intervento introducendo lo studio da lei realizzato nel 2016, come parte preliminare dello studio globale sul glifosato, coinvolgendo Istituzioni ed Università come il King’s College London, l’IIS e la George Washington University. Lo studio ha avuto l’obiettivo di studiare eventuali rischi per la salute causati dal diserbante e nel caso, la gravità di tali rischi. La dose di riferimento presa in considerazione per studiare tali rischi è stata quella statunitense pari a 1.75 mg/kg bw/day. Ciò che la ricerca andava ad indagare nello specifico era l’eventuale presenza di interferenze endocrine nei ratti (come la numerosità delle nidiate), riscontrate a partire dalla madre in gravidanza e il suo embrione, fino all’età adulta dei ratti (paragonabile ai 18 anni in un essere umano).

I risultati della ricerca hanno dimostrato importanti alterazioni endocrine, perfino nei reni e nel microbiota intestinale, ma anche presenza di micronuclei, cioè di genotossicità. Questo studio preliminare è stato poi portato avanti per indagare gli effetti a lungo termine del glifosato e i dati evidenziati, presentati il 26 ottobre dall’Istituto Ramazzini, sono veramente allarmanti. Da questo “Global Glyphosate Study”, emerge infatti che basse dosi di glifosato sono in grado di provocare leucemie nei ratti, soprattutto in giovane età.

La dottoressa Belpoggi afferma per questo che l’utilizzo del diserbante andrebbe assolutamente vietato in Europa, perché la scienza ha dimostrato più volte le conseguenze negative sulla salute umana e perché ci sono altre alternative a questo diserbante.

Quali sono i rischi per l’ambiente?

La dottoressa Emanuela Pace dell’ISPRA, ha invece raccontato che biennalmente l’Istituto realizza dei report sul monitoraggio degli erbicidi nelle acque superficiali e sotterranee.

Un erbicida come il glifosato, utilizzato così ampiamente in agricoltura, si può ritrovare nel suolo, nei mangimi, nella carne, nell’acqua potabile e ovviamente nell’uomo. I risultati del 2020 sulla presenza del glifosato nelle acque (dati raffrontati con gli standard di qualità ambientali considerati accettabili dalla legge), indicano infatti che questo è una tra le sostanze più frequentemente presenti nelle acque, insieme al suo metabolita AMPA. E anzi, l’ISPRA ha osservato che le quantità superano quelle permesse dal limite normativo.

Inoltre, i dati dimostrano che la tendenza di ritrovamento di glifosato nelle acque è cresciuta negli anni, a causa della maggiore richiesta e dell’efficacia da parte delle Regioni di monitorare la presenza del diserbante nelle acque (prima veniva cercato solo in Lombardia). In questo caso, quasi il 50% dei campioni utilizzati ha mostrato la sua presenza, quindi un dato abbastanza allarmante. Un altro aspetto importante da sottolineare è anche che il glifosato di norma non è capace di penetrare nel suolo, per cui se si trova nelle acque è perché viene usato in maniera cospicua.

Che alternative ci sono all’uso di glifosato?

A seconda dei vari settori, ci possono essere soluzioni diverse. Nel settore ortofrutticolo ad esempio possono essere eseguite le pacciamature, con teli biodegradabili o materiali naturali come paglia e corteccia. Alcuni utilizzano anche il pirodiserbo eliminando le infestanti con caldo o fuoco.

Nelle colture erbacee invece, la soluzione più efficace deriva dalla gestione del terreno: diversificare le colture, utilizzare le colture consociate e le colture di copertura che hanno effetto biocida e/o allelopatico e utilizzare dei macchinari adatti a lavorazioni conservative, permette di controllare la crescita delle infestanti in maniera naturale e non invasiva.

In conclusione, basterebbe tornare a una gestione più ottimale del territorio, basata sul rispetto dell’ambiente, del suolo e della nostra salute, riconoscendo il ruolo dell’agricoltore come custode del territorio e di noi consumatori come partecipanti attivi nella rigenerazione dell’ambiente.

 



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