Il Codice Forestale Camaldolese

Il binomio concettuale tradizione-innovazione è oggi molto attuale e gode di notevole credito, in quanto l’esperienza continuamente insegna e dimostra che nulla viene creato dal nulla, nihil ex nihilo dicevano i latini, ma vi è sempre un modello di riferimento al quale ispirarsi anche quando ci si prefigge l’ambizioso obiettivo di riformare e rivoluzionare un determinato aspetto o settore della società e della realtà.

È dunque legittimo e doveroso scavare nel passato alla ricerca di un archetipo virtuoso che possa guidare e illuminare il percorso della “modernizzazione”. Nel caso del Progetto ARCA (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente), il cui scopo primario è quello di rivitalizzare e rigenerare il suolo e conseguentemente l’ambiente nella sua interezza e complessità tramite l’adozione di pratiche agricole sane e innovative (cover crops, rotazioni colturali quinquennali, minime lavorazioni, concimazione organica, consociazioni), il faro verso il quale volgere attentamente lo sguardo è rappresentato dal Codice Forestale Camaldolese.

Il Codice in questione è costituito da un insieme di norme, precetti e prescrizioni con le quali i monaci Camaldolesi hanno gestito e tutelato, per più di 8 secoli (dal 1027 al 1866), le foreste dell’appennino tosco-umbro-marchigiano. La cura coscienziosa e responsabile che hanno dedicato all’universo forestale e al sistema produttivo agrosilvopastorale si sposa alla perfezione con l’etica e la filosofia promosse e promulgate dal Progetto ARCA: in entrambi i casi vi è la ferrea volontà di salvaguardare e rispettare l’ambiente che ci ospita e le imprescindibili risorse naturali che esso ci offre.

Due sono le parole chiave: custodire e coltivare. Gli odierni tentativi di gestione sostenibile delle foreste e delle problematiche aree montane si basano proprio su questi due fondamentali concetti, “inaugurati” dai saggi e previdenti monaci agli inizi del secolo scorso.

È inoltre interessante riflettere sul mantra assunto come vera e propria legge nella loro Regola: “Sfruttamento nella Conservazione”. Dal momento che le risorse ambientali non sono né infinite né illimitate, diventa un obbligo morale conservarle nel tempo, come avveniva fino ai tempi della mezzadria, dove il Progetto ARCA non a caso affonda, concettualmente e storicamente, le proprie radici, quando i principi dell’attuale economia circolare (riuso, riciclo, assenza di sprechi) venivano già realmente attuati e quando il rapporto fra uomo, agricoltura ed ambiente era caratterizzato da equilibrio e armonia, che, in particolare negli ultimi 50 anni, sono stati colpevolmente trascurati e dimenticati e oggi devono assolutamente essere ripristinati per il benessere di tutti, esseri umani, animali ed ecosistema.

Non si può infine non sottolineare che furono proprio i monaci Camaldolesi a porre le fondamenta e sviluppare i primi contratti di mezzadria, che permisero di compiere una decisiva svolta in termini di civilizzazione di tutti quegli uomini che, da servi della gleba, diventarono liberi dignitosi contadini, ai quali poi gli stessi monaci trasferirono l’intero patrimonio di conoscenze, metodi e tecniche agricole in grado di garantire la tutela della biodiversità e della fertilità del terreno.

La cultura e la sapienza arcaica dei Camaldolesi indicano il cammino dal quale ripartire oggi per provare a rivoluzionare l’agricoltura attuale, forti della consapevolezza che solo un suolo sano, curato e gestito con pratiche e processi altrettanto sani e rispettosi dell’habitat naturale, può produrre cibo salubre e salutare, creando così un virtuoso circolo rigenerativo, capace di operare trasversalmente e generare ricadute positive a livello economico, sociale ed ambientale, in nome di quell’ecologia integrale di cui Papa Francesco è il primo fedele sostenitore.

Lorenzo Romagnoli (Dottore in Filosofia)



Lorenzo Romagnoli
l.romagnoli@arca.bio
1 Comment
  • Giuliano cortesi
    Posted at 21:38h, 23 Agosto Rispondi

    Concetti sorprendentemente attuali e imprescindibili, spiegati tramite la saggia cultura dei nostri avi.

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