La pandemia silenziosa della contaminazione ambientale

L’aumento continuo della popolazione, la sua concentrazione progressiva in grandi centri urbani e lo sviluppo industriale causano problemi sempre più gravi all’ambiente, rubricati come inquinamento ambientale.

Esso consiste nella presenza di fattori di origine umana nell’ambiente, che, essendo ad esso estranei, provocano alterazioni nella struttura e nel funzionamento degli ecosistemi; queste alterazioni possono essere dannose sia per la vita vegetale che per quella animale.

L’inquinamento ambientale consiste inoltre nell’incorporazione nel suolo, nell’atmosfera o nelle acque di sostanze solide, liquide, gassose o miste, che degradano le condizioni naturali degli stessi e che incidono negativamente sulla salute, sull’igiene e sul benessere della popolazione.

Il termine “pesticida” è genericamente usato per indicare tutte le sostanze che interferiscono, ostacolano o distruggono organismi viventi (microrganismi, animali, vegetali).

I fitofarmaci sono per la massima parte sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili, che hanno un impatto sulle proprietà fisiche e chimiche dei suoli e sono spesso estremamente nocive non solo per la salute dell’uomo, ma per l’intero ecosistema e per qualunque organismo vivente.

Purtroppo l’uso di queste molecole si va sempre più estendendo e, di fatto, la chimica nell’agricoltura industriale sostituisce ormai il lavoro dell’uomo.

Le molecole dei pesticidi sono estremamente nocive a causa delle loro particolari caratteristiche biochimiche:

  • persistenza nel suolo e nelle acque con danni diretti e permanenti agli ecosistemi acquatici (pesci, anfibi ecc.);
  • bioaccumulo in tessuti animali;
  • insorgenza di resistenze e necessità quindi di prodotti sempre più potenti;
  • tossicità a largo spettro in grado di distruggere indistintamente molte specie di insetti anche estremamente utili (bombi, farfalle, api).

Gli effetti esercitati sugli organismi superiori (quindi anche sull’uomo) da parte di queste molecole sono molto complessi: si registrano effetti anche a dosi infinitesimali e vengono in genere valutati per ogni singolo principio attivo, anche se in realtà siamo esposti a veri e propri cocktail di molecole. Quasi tutte queste sostanze rientrano fra gli “endocrine disruptors chemicals” (EDC), ovvero “interferenti o disturbatori endocrini”.

L’Istituto Superiore di Sanità definisce gli interferenti endocrini “sostanze esogene che alterano la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie”. Queste sostanze, quindi, possono non solo esplicare effetti negativi sull’individuo esposto, ma agire anche sulle stesse cellule germinali, determinando mutamenti che si trasmettono alle generazioni successive attraverso modificazioni di tipo epigenetico.

Tutto ciò apre ovviamente scenari ancor più allarmanti, in quanto siamo di fronte alla possibilità di un’amplificazione del danno e alla sua trasmissibilità attraverso le varie generazioni ed è un’ulteriore conferma della crescente attenzione e conseguente preoccupazione in merito agli effetti di queste molecole, in particolar modo nei confronti della “fetta” di popolazione più sensibile e maggiormente a rischio: feti, neonati, bambini, donne.

Tali effetti si manifestano spesso tardivamente (anche dopo decenni) e variano non solo in base alla durata, al tipo di sostanza e alla loro quantità, ma anche a seconda del momento in cui avviene l’esposizione. Gravidanza, allattamento, vita fetale, infanzia e pubertà sono momenti cruciali, dove il contatto con determinati agenti può comportare conseguenze particolarmente gravi.

Numerosi esperti, tra cui Philip Landrigan, epidemiologo e pediatra americano, ritengono che i pesticidi in particolare siano responsabili della pandemia silenziosa, ovvero di seri danni neuropsichici e comportamentali che si verificano sempre più durante l’infanzia: deficit di attenzione ed iperattività, autismo, riduzione del quoziente intellettivo (un importante studio a riguardo è stato pubblicato sulla nota rivista scientifica “The Lancet” nel 2014).

Diversi studi (tra cui quello di Engel SM et al., 2011) dimostrano che le donne esposte durante la gravidanza a pesticidi a base di organofosfati (composti chimici molto utilizzati in agricoltura) metteranno al mondo figli meno intelligenti della media, nello specifico con un quoziente intellettivo (QI) molto ridotto già all’età di 7 anni.

Secondo Brenda Eskenazi, illustre esperta di epidemiologia e di salute materna e infantile, ciò significa che in futuro più bambini dovranno essere “spostati” nella parte bassa dello spettro di apprendimento e più bambini necessiteranno di servizispeciali” a scuola.

Speriamo che almeno quest’ultimo dato possa servire ad illuminare le coscienze in merito all’eccessivo utilizzo di pesticidi e diserbanti, nemici mortali dell’uomo e dell’ambiente.

Dott.ssa Laura Campagnoli (Biologa nutrizionista)



Laura Campagnoli
laura.campagnoli91@gmail.com
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