L’erborista

Mestiere antico quello dell’erborista, praticato per sopravvivere. L’orto, il campo, il bosco e il monte incolto hanno sempre fornito erbe, frutti e radici indicati per prevenire e guarire i malanni del corpo.

Non rimpiango il distillatore di convento né lo speziale che trita le erbe nel mortaio di pietra, per carità, il mondo cammina e con esso la ricerca e la scienza, ma non occorreva spezzare i segreti codici della natura e smorzare, di colpo, il colloquio con essa.

Troppa fretta nel dimenticare sperimentazioni che hanno avuto il collaudo di secoli. Fedeli agli antichi comportamenti sono rimasti gli erboristi di Pievebovigliana, della geniale dinastia dei Varnelli.

Gente del monte, aperta però ai traffici fin da 1816, attiva a Cupi di Visso, a Fiordimonte e a Pieve, dove il fondatore, Girolamo, accende il primo fuoco nel 1868.

Nel piccolo ufficio, accanto alla “bottega”, campeggia ancora il suo ritratto: barba ispida, sguardo severo che scruta lontano, camicia aperta, da lavoratore con tempra di patriarca e di pioniere. I suoi metodi, segreti compresi, sono ancora adesso la legge che pilota l’impresa.

Suo figlio Antonio, il nipote Girolamo e le donne che governano oggi non si sono mai concessi deroghe.

Vanno mattinieri sui Sibillini e sulle dolomie del Bove i cercatori di radici della “genziana lutea” e della genzianella, per scendere a sera, con i sacchi gonfi, sulla piana del Chienti. Essiccate all’aria, pulite, tagliate, radici ed erbe vengono messe a bollire, per tre ore, nella grande caldaia di rame. Su fuoco a legna!

Rimane il decotto, sintesi dei principi attivi dei fitocomplessi.

Senza violenze, senza torchiature. E il Mistrà? Ricetta segreta.

Fornito, per distillazione, dall’anice verde di Romagna. Gran specialità e vanto dei Varnelli di Pieve. Sarebbe piaciuto a Ippocrate e a Pitagora, a Carlo Magno e ai botanici del ‘500, estimatori accesi della “Pimpinella anisum”.

Taccio storie e pregi di tanti prodotti, elaborati artigianali degli erboristi di qui.

Ma devo dire di quell’Antonio Varnelli che, agli inizi del secolo, lasciava i suoi monti per andare a Milano cercando il pittore Beltrame, l’illustratore di copertina della “Domenica”.

Voleva il prestigio di una firma per la nuova etichetta. Artigiano, sì.

Massimiliano Montesi (da un testo di Terenzio Montesi per la pubblicazione “Marche: l’Italia che fa”)



Massimiliano Montesi
massimilianomontesi@yahoo.it
No Comments

Post A Comment

Top